sabato 26 gennaio 2013

Koby cottage





















Luogo: Starr Commonwealth, Michigan, Stati Uniti

Architetto: Garrison Architects

Anno di realizzazione:2011


L’architettura come progettazione di edifici e non come semplice realizzazione di macchine tecnologicamente efficienti: questo lo spirito dei Garrison Architects, studio statunitense che ha orientato la propria filosofia su una visione della sostenibilità che non ponga al centro la prestazionalità del prodotto a qualunque costo ma l’atteggiamento di consapevolezza ambientale che guida le scelte. Si ottengono così edifici realizzati in materiali locali, la cui produzione abbia un ridotto impatto ambientale ma garantisca comunque una resistenza nel tempo, autosufficienza in termini energetici, idrici e per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, un’attenzione particolare al tema del clima che consenta lo sfruttamento passivo dell’energia solare e, in molti casi, la scelta di utilizzare strutture modulari che riducono i tempi di realizzazione e facilitano la manutenzione nel corso degli anni. 

Il progetto:
In questo senso è possibile osservare il Koby Cottage, un edificio pensato per alloggiare, durante le visite periodiche, le famiglie dei ragazzi ospitati presso la Starr Commonwealth, organizzazione senza scopo di lucro che offre programmi di consulenza ad adolescenti in difficoltà.
La sua posizione, isolata e immersa nella natura, permette di ritrovare una complicità domestica nonostante il periodo di permanenza spesso ridotto, ma diventa anche uno stimolo per i progettisti per una riflessione ulteriore sul tema del rapporto con il contesto in cui inserire la propria architettura.

L’edificio si posiziona nell’area sollevato dal terreno con cui entra in contatto solo tramite alcuni setti in cemento e con un blocco centrale parzialmente ipogeo, anch’esso in cemento, che, oltre ad essere elemento cardine a livello strutturale, racchiude un ambiente utilizzabile per attività musicali o ludiche dai ragazzi. 
Le due linee diagonali su cui si costruisce il piano abitazione consentono una buona suddivisione degli spazi  a garanzia della privacy e del corretto soleggiamento di tutti gli spazi. Nell’intersezione è posizionata la zona pranzo, luogo di incontro e di scambio sia tra le persone ospitate ma anche di interazione con il lago e la natura circostante che, grazie all’alternarsi di serramenti e parti opache studiato sapientemente, sembrano quasi entrare nell’edificio e mettono in relazione diretta l’esterno con l’interno.

Il sistema modulare:
Per la realizzazione dell’edificio è stato utilizzato il sistema modulare KFS (Kullman Frame System) basato su strutture verticali e orizzontali in acciaio, giuntate esclusivamente alle estremità, che diventano quindi fondamentali per la distribuzione dei carichi. Questo consente di collocare aperture e serramenti senza dover tenere conto dello sforzo di taglio. A ridotti punti di saldatura corrispondono comunque dimensioni contenute delle strutture portanti e una forte rigidità che ha consentito lo sbalzo che pare proiettare l’edificio verso il lago.

Questo sistema costruttivo ha permesso inoltre di realizzare la parte fuori terra dell’edificio in stabilimento per trasportarla poi in cantiere e assemblarla alle strutture in cemento che ne costituiscono il sistema di fondazione, riducendo in maniera netta tempi e costi di realizzazione.

Tratto da: http://www.architetturaecosostenibile.it





martedì 15 gennaio 2013

Mème








Luogo: Hokkaido, Giappone

Architetto: Kengo Kuma

Anno di realizzazione: 2011

Memè è una casa smontabile.
Studiare nuove forme e nuove soluzioni abitative per combattere sapientemente i climi rigidi della regione di Hokkaido (Giappone) è l’obbiettivo di Même: una casa sperimentale progettata dall’architetto Kengo Kuma con il supporto tecnico del laboratorio Tomonari Yashiro dell’Istituto di Scienze Industriali dell’università di Tokio e sponsorizzata dalla Fondazione LIXIL JS. Même è anche il nome del distretto dove è situata la casa smontabile e nella lingua locale significa “luogo dove le primavere prorompono”.

Il progetto.
Il telaio della struttura portante è in legno di larice giapponese ed è avvolto da un rivestimento in poliestere che costituisce la pelle dell’edificio. La parte interna è costituita da una membrana in fibra di vetro. Tra questi due strati è stato inserito l’isolante: poliestere realizzato riciclando le bottiglie di plastica. Il benessere termo-igrometrico è garantito non solo dallo spessore dell’isolamento, ma anche dai moti convettivi dell’aria che si innestano tra le due membrane. Il riscaldamento dell’abitazione è assicurato dalla combinazione di diversi sistemi: il pavimento radiante, i termosifoni e il camino posto al centro della casa che permette il funzionamento degli altri due diversi impianti di riscaldamento.
La membrana che avvolge la casa ha anche la caratteristica di essere permeabile alla luce, così da creare una stretta interconnessione tra la vita della casa e il ritmo della natura: nessun sistema di illuminazione elettrica è stato istallato per la vita quotidiana e i residenti sono “costretti” a svegliarsi con la luce del sole e andare a dormire al tramonto. Solo una serie di tubi al neon sono stati inseriti nella membrana lungo il perimetro per creare nella notte l’effetto di “galleggiamento” della casa.
Le finestre, alcune finiture e la membrana interna possono essere rimossi: la vita all’interno della casa verrà monitorata, grazie all’istallazione di una serie di sensori che misurano la temperatura interna e l’umidità dell’aria, e gli elementi verranno sostituiti con diversi tipi di materiali al fine di mettere a punto quelli che garantiscono le prestazioni migliori.
Questo progetto si ispira alla tipica casa “chise” degli Ainu, gli indigeni di Hokkaido. La casa “chise” è generalmente chiamata “casa in erba” perché il rivestimento esterno è costituito da erba e bambù che contribuiscono a mantenere il comfort termico degli ambienti interni. Inoltre questo tipo di abitazione viene anche chiamata “case della terra” perché il camino è ricavato direttamente nel terreno e il pavimento è costituito da semplici stuoie a contatto diretto con il terreno.

Foto: Kuma & Associates
Tratto da: http://www.architetturaecosostenibile.it


mercoledì 9 gennaio 2013

D*Haus



















Luogo: nessuno

Architetto: David Ben Grünberg e Daniel Woolfson

Anno di realizzazione: nessuno

Il legame tra la matematica e l’architettura è sempre stato saldo: da Platone, che vedeva l’universo costituito da una serie di figure geometriche il cui ordine era stabilito da una rassicurante regola matematica, fino al compianto Niemeyer, celebre anche per l’arditezza delle forme usate per le sue architetture, frutto di un accurato studio delle coniche. Anche in questo progetto si ripropone tale collaudato binomio che si fonde alle caratteristiche di estrema flessibilità degli spazi e sostenibilità di progetto: si tratta di D*Haus, abitazione in grado di modificare la propria forma in base alle esigenze ambientali, astronomiche e per favorire il risparmio energetico.

Nel 1907 la prestigiosa rivista inglese The Canterbury Puzzles pubblicò il “Problema n. 26” ed il relativo diagramma di soluzione, proposto dal matematico Henry Dudeney: si trattava di una interessante scoperta, nel tempo nota come Haberdasher's Puzzle, secondo cui quattro sezioni del quadrato potevano essere ricomposte per costruire un triangolo equilatero.

Gli autori del progetto D*Haus, gli architetti inglesi David Ben Grünberg e Daniel Woolfson, hanno quindi pensato ad un edificio dal carattere estremamente flessibile in cui la capacità di adattamento alle diverse condizioni climatiche ed ambientali favorisce il benessere di chi vi abita ed il risparmio energetico: la modularità delle forme richiama alla mente le tipiche pieghe della carta necessarie per realizzare lavori con l’antichissima tecnica dell’origami.

Due camere da letto, soggiorno e bagno sono gli ambienti che compongono D*Haus: tale composizione dà vita a ben otto configurazioni diverse che garantiscono un utilizzo ottimale delle condizioni climatiche stagionali, grazie ad un sistema a binario che consente di far scorrere le pareti e farle diventare, a seconda delle esigenze, interne o esterne. La struttura di base è prefabbricata e modulare che costituiscono a loro volta quattro moduli di costruzione – separati per consentirne lo spostamento – posti su una pianta quadrata.
“La D*Haus è il prodotto di una realizzazione matematica applicata. Ogni abitazione è in grado di adattarsi all’evoluzione dei modelli di vita del futuro” sostengono Grünberg e Woolfson che vedranno esposto il loro prototipo presso la prestigiosa Anise Gallery di Londra.

Tratto da: http://www.architetturaecosostenibile.it

The Matchbox House




 









 









 


















Luogo: AnnArbor, Michigan, Usa

Architetto: Bureau for Architecture and Urbanism

Anno di realizzazione: 2012

Lo studio di architettura Bureau for Architecture and Urbanism ha realizzato una casa di campagna, situata nei pressi della città americana di Ann Arbor (Michigan, USA) che apparentemente, guardando la facciata, sembra la classica casetta disegnata da un bambino: un quadrato sormontato da un triangolo. In realtà si tratta di un gioco complesso di forme: a partire da una semplice geometria - la casa con il tetto a due falde - e da un oggetto - la scatola di fiammiferi -  il progetto prende forma e gli spazi abitativi trovano la loro collocazione. Quattro parallelepipedi, rivestiti in legno di cedro, sono collocati all’interno di un involucro metallico sospeso idealmente da terra, in maniera da creare pieni e vuoti, terrazze e stanze, e ricordare così il movimento che fa una scatola di fiammiferi all’interno del manicotto.

La casa è disposta su due livelli. La zona giorno, composta da una cucina, un soggiorno a doppia altezza e un bagno di servizio è collocata al piano terra, dove trovano posto anche una camera da letto con bagno e il garage. Il primo piano è composto da tre camere da letto e da un bagno. Tutta la struttura è adagiata su di una fondazione in cemento armato leggermente rialzata, che sfrutta la naturale pendenza del terreno.
Tutte le scelte sono state studiate per minimizzare i consumi, dai consumi di energia a quelli  di materie prime. L’energia elettrica viene fornita da una serie di pannelli fotovoltaici e l’impianto idraulico è dotato di un sistema di regolazione di flusso al fine di ridurre gli sprechi d’acqua. Il legno utilizzato per gli interni è certificato FSC, mentre i rivestimenti esterni sono stati realizzati recuperando le assi in legno di un vecchio fienile. Inoltre, per bilanciare l’intervento edilizio effettuato sul territorio, sono state reimpiantate nella proprietà alcune essenze arboree autoctone.
Questa casa di campagna ha così ottenuto un HERS (Home Energy Rating System) Rater pari a 49, indice che valuta l’efficienza energetica dell’immobile sia sulla carta, sia nella pratica in quanto questa certificazione prevede un sopralluogo di verifica.

Immagini Steve Maylone © Maylone Photography

Tratto da: http://www.architetturaecosostenibile.it/  

giovedì 3 gennaio 2013

Ochre Barn










































Luogo: Norflok, Regno Unito (http://goo.gl/maps/z5MzB)

Architetto: Carl Turner Architects

Anno di realizzazione: 2010

Lo studio di Carl Turner Architects ha progettato “Ochre Barn” nella campagna inglese di Norfolk: un suggestivo territorio caratterizzato da uno skyline uniforme tracciato da immense distese di campi di grano. L’esperimento ha riguardato la riconversione di una ex stalla con l’annesso fienile in un edificio in parte adibito ad abitazione e in parte a luogo di incontro, mentre la sfida ha visto la realizzazione degli interventi con un budget molto contenuto.

Il progetto, esempio di sviluppo sostenibile di un territorio incontaminato, coinvolge due volumi rettangolari disposti a L: il più grande con un i­nvolucro in laterizio e l’altro in legno.
Il blocco maggiore ospita l’abitazione con un’ampia zona giorno, mentre il secondo, versatile, funge da dependance.
L’interno è caratterizzato dalla continuità spaziale degli ambienti: le partizioni sono ridotte alla sola zona notte, mentre nel resto della casa sono state create come cellule funzionali attraverso elementi di arredo, rigorosamente realizzati in OSB.
Pur nella regolarità geometrica dei volumi, lo spazio racchiuso ha un carattere dinamico, che gli deriva anche dalla struttura della copertura a capriate in legno e ferro lasciata a vista.

I materiali:ispirati dalla texture di un elemento tipico del territorio, la paglia, e rievocando la presenza dell’antico fienile, i progettisti hanno scelto di utilizzare come materiale principe l’OSB, pannelli in fibra di legno, utilizzato sia per la realizzazione dell’arredo che delle finiture delle superfici interne.
Il risultato, raggiunto dopo anni di lavoro e perfino di autocostruzione, è senza dubbio unico, ogni elemento è curato fin nel dettaglio per ottimizzare al massimo le risorse disponibili e conferire un alto valore architettonico a questi ambienti.
La sobrietà dei materiali si rilegge anche nelle pavimentazioni, trattate in cemento o con un tavolato ligneo. E’ il caso di dire che nel progetto i materiali hanno un ruolo preponderante, si impadroniscono dello spazio e lo restituiscono in maniera unica in ogni angolo, apportando innovazione nel rispetto dei caratteri figurativi delle preesistenze.

Altre notizie: http://www.ct-architects.co.uk/projects/ochre-barn/